Quando la fortuna è cieca ma sa premiare chi la cerca

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E’ una giornata di febbraio 2019, quando nonostante il freddo ed il teso gracale, io e Roberto, amico e compagno di tante avventure decidiamo di uscire. L’idea era di fare qualche bella esca e di cercare qualche bella ricciola a diverse miglia di distanza . Purtroppo il vento non accenna minimamente a diminuire e la razionalità prevale sull’entusiasmo e l’incoscienza sempre presenti in noi pescatori.  Così decidiamo di rimanere nel sottocosta e di divertirci con qualche seppia sul basso fondale, rimanendo parzialmente al riparo dalle raffiche di tramontana. Le catture si susseguono a buon ritmo tra battute e spruzzi di inchiostro. Il buon Roberto è davvero un buon compagno di pesca e come tale, riesce a coinvolgermi in questa tecnica quasi facendomi dimenticare i ben più “ampi” propositi iniziali. Dico quasi.., perché dopo qualche decina di minuti, il predatore che è in me, prende il sopravvento e decido di innescare una seppietta a lenza libera, così in corrente con un unico piccolo amo. Roberto vede tutto con la coda dell’occhio e commenta : “non resisti eh..?” ed io : “A Robè…ce provo. Se non innesco, lo sai, mi pare di non pescare ”. La pesca è tutta bella ma il fascino seduttivo di innescare un pesciolino vivo per me non ha eguali. L’idea adrenalinica di poter “tentare” un bel predatore è talmente coinvolgente che l’attesa, seppur lunga e sfiancante è sempre carica di trepidazione.  Così seguitiamo a pescare seppie e a divertirci. Il fatto di aver innescato una seppia su 8 mt d’acqua in una fredda giornata invernale mi faceva sperare in una possibile spigola in caccia sul basso fondale ma, devo essere sincero, in cuor mio ero consapevole che le possibilità che qualcosa potesse abboccare proprio li, scarrocciando su un basso fondale sabbioso, con una sola canna, erano davvero basse. Probabilmente ancora più basse di quelle che aveva avuto il buon Damiano qualche stagione prima, quando impegnato a pescare polpi sulla secca di Torre Flavia, ad un certo punto decise di innescare un sugherello a lenza libera…per poi prendere un bel dentice. “mamma mia” penso. “si Damiano è stato fortunato ma è pur vero che la fortuna l’ha saputa cercare. Eh si, la fortuna a volte è cieca ma a volte sa premiare chi la cerca”. E con questo pensiero continuiamo a tirar su seppie. La barca di Roberto scarroccia tranquilla cedendo la sua murata destra al vento. Abbiamo ben 3 canne con le totanare su questo lato e poi a seguire, c’è la 12/16 lasciata semi incastrata sulla borsa a prua, con la frizione al limite dello slittamento, e con la punta ben lontana da tutte le altre canne, quasi a volersene stare “per conto suo”. E mentre siamo li a dondolare e a scherzare ecco che, come un fulmine a ciel sereno, il sogno prende forma…. La cicala del Torsa parte impazzita a mille ed il filo in 3 secondi va a sovrapporsi a quello delle 3 cannette in pesca. Siamo increduli ma sappiamo bene cosa fare. No panic. Accendiamo il motore per girare la prua e cominciare a seguire quella forza della natura. Nel recuperare in fretta le 3 cannette con le totanare ci accorgiamo che ben 2 hanno la lenza tranciata dal passaggio del filo della 12/16 dove era attaccato il mostro. Punta dritto verso il largo e la sua fuga prosegue senza sosta. La frizione è serrata sotto ai 4 kg per non esporre lo 0,50 ad inutili rischi. “Robè è un tonno…proviamoci…se non è troppo grande forse ce la facciamo”. Dopo qualche minuto siamo a circa 1 miglio di distanza dall’attacco col pesce che finalmente rallenta. “Robè dobbiamo cercare di stargli davanti, non dietro. Facciamogli capire chi comanda”. Ma il pesce fa ciò che vuole, va dove dice lui e si riprende parecchie decine di metri senza che io riesca mai a girargli la testa (ancora adesso, a distanza di mesi dall’accaduto, ho i brividi nel raccontare questi momenti). Finalmente dopo una ventina di minuti riusciamo a dirigere il pesce contro corrente e piano piano avverto la sua stanchezza. Io e Roberto siamo sudati neanche fossimo a  ferragosto e le raffiche di tramontana suonano come brezza leggera . “Incredibile…incredibile”, penso; ma non è questo il momento di distrarsi. Il pesce è ormai a non più di 15/20 mt da noi e continua a venire… io controllo la tensione e la frenatura del filo con le dita. Ho paura che una ripartenza improvvisa possa spegnere il sogno e Roberto, nel vedere per un istante il filo più lento, ha un mezzo infarto e mi sciorina parole irripetibili. Ma il pesce è li e comincia a salire a galla. Siamo senza parole. È una RICCIOLA BIG di quelle mai viste prima. Fa una giravolta e per 1 secondo circa si fa ammirare in tutto il suo splendore, ma poi…. Non sento più nulla … non ho la forza di dire niente. Quella meraviglia ci ha lasciato. Recupero 5/6 metri e mi accorgo che l’amo c’è ancora. Si è semplicemente slamata. Come è possibile che dopo mezz’ora di tira e molla un pesce si slami proprio alla fine? La ricciola era stata vinta ma per uno strano scherzo del destino, qualcosa o qualcuno, ha deciso di farla rimanere in vita proprio pochi secondi prima della raffiata finale.  Roberto bofonchia parole incomprensibili (neanche rivedendo il video integrale più volte si riesce a capire tutto quello che dice), non riesce a crederci. Io non riesco a dire proprio nulla. Mi siedo e sorrido, pensando che forse un pesce cosi bello merita di continuare a vivere. Come 2 cani bastonati rimettiamo prua verso riva riguardando il video dell’avventura appena vissuta. Entrambi increduli ma comunque consapevoli di aver vissuto una grande ed intensa emozione che solo il mare può regalare.

Valerio